Viaggiando alla scoperta del mondo e di se stessi

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Ben ritrovati lettori di Bio Voci!

Rientro da pochissimo da un viaggio sognato da una vita che mi ha regalato emozioni travolgenti e ricordi preziosissimi.

Sin da piccola, nello studiare le catene montuose principali del globo, le Ande rappresentavano per la mia mente un incredibile stimolo, capace di proiettarmi senza necessità di passaporto tra vette indomite, natura incontaminata e scrigni di civiltà incastonati ad un passo dal cielo. Non posso che condividere quanto la realtà abbia generosamente superato qualsiasi possibile immaginazione, portandomi a scoprire una terra ricca, vibrante ed accogliente chiamata Perù.

In questi luoghi meravigliosi, mentre camminavo immersa nella selva lussureggiante o superavo valichi di montagna sulla sella di una motocicletta, mi è capitato di riflettere molto sul significato del viaggio in senso lato e sulla sua importanza nel nostro percorso di crescita come individui.


 

Photocredits: Elisa Sardi

Per la mia personalissima esperienza, viaggiare è parte fondamentale della vita perché arricchisce in maniera ineguagliabile il nostro bagaglio di conoscenza, non solo nei confronti di luoghi, culture e persone, ma soprattutto, mettendoci in relazione con ciò che riteniamo diverso o lontano, rappresenta un passpartout per accedere alla scoperta di noi stessi. Affrontare situazioni fuori dall’ordinario, comunicare in una lingua non nativa, toccare con mano modi di vivere e pensare alternativi a quelli a cui siamo abituati. Io credo che poche cose al mondo possano davvero aprire la mente e il cuore come il viaggio sa fare. Basti pensare al Grand Tour, una tappa fondamentale del percorso educativo dei giovani tra il 17° e 19° secolo, considerato un vero rito di passaggio all’età adulta che consisteva nel viaggiare attraverso i paesi europei e ampliare le proprie conoscenze oltre i margini dei libri di studio. Crescere, evolversi significa soprattutto fare un passo al di fuori della propria zona di comfort, mettendo in discussione le certezze a cui ci siamo sempre ancorati. E chissà che non ne troviamo di nuove, meno convenzionali ma più in linea con il nostro modo di essere?

Sicuramente questo non significa che solo macinando chilometri lontano da casa si possa vivere questa esperienza di arricchimento. Guardandoci bene intorno scopriremo di avere un potenziale enorme che diamo per scontato a pochi passi da casa. Perché non visitare quella bottega a cui passiamo davanti distratti mentre torniamo dal lavoro? Che profumo avrà la faggeta del Ramaceto in autunno? Che cosa si nasconde nei bunker di Monte Moro o tra le case semi distrutte di Bussana Vecchia? Parlando di scoperta, la nostra terra intesa come Liguria e Italia in generale offre incredibili opportunità per poter approfondire l’esperienza del territorio, della sua cultura e della sua anima. In questi termini, essere in viaggio non è quindi sinonimo di vacanza ma si tratta piuttosto di un modo di vivere quotidiano con cui aprirsi al mondo ed alle sue infinite meraviglie.

Un consiglio che mi permetto di dare è quello di evitare quanto possibile i pacchetti turistici proposti senza alcun criterio, i prodotti del turismo di massa, insomma, di cui conosciamo fin troppo bene gli impatti sociali e sul territorio. Per quanto possa sembrare comodo vivere una vacanza rilassante in cui tutto è organizzato e gestito da altri, il rischio è proprio quello di vivere passivamente e in maniera omologata le esperienze. Di certo le possibilità di incorrere in grattacapi o difficoltà si riducono drasticamente, e comprendo come questa parentesi di relax possa regalare un certo sollievo dalle preoccupazioni e dagli stress quotidiani. Ma è proprio grazie ai contrattempi, agli imprevisti, agli incontri fortuiti, ai cambiamenti di programma che si apre il sipario per le esperienze più autentiche, quelle che, entrando in scena, si guadagnano un posto d’onore nella nostra memoria, offrendoci l’opportunità di confrontarci con realtà sicuramente meno patinate. Riscoprire il proprio passo, il proprio ritmo senza dover continuamente sottostare ad orari imposti da eventuali organizzatori è una piccola forma di ribellione che possiamo mettere in atto per riappropriarci di un valore davvero inestimabile: il nostro tempo. Sempre nel rispetto del territorio di cui siamo ospiti e delle sue caratteristiche, mettersi in viaggio su percorsi meno battuti, fermarsi al di fuori delle classiche tappe e lasciarsi coinvolgere in esperienze in armonia con il nostro modo di essere può davvero arricchirci come individui e non solo come turisti.


Photocredits: Elisa Sardi

 
Vi racconto un piccolo aneddoto vissuto e che conservo gelosamente nel mio cuore. Sulla via per Santiago che ho percorso nel 2020, ho camminato per centinaia di chilometri insieme a pellegrini da tutto il mondo, condividendo la strada ma soprattutto pensieri, storie di vita, pianti e risate. In particolare, un caro amico di Rieti mi aveva raccontato come all’inizio la sua intenzione fosse quella di avere un cammino in solitaria per immergersi quanto più possibile nella sua ricerca spirituale. Lungo il percorso, però, si era lasciato avvicinare e coinvolgere da vari compagni di viaggio, stringendo amicizie profonde. Prima di arrivare alla meta finale, rivivendo nella sua mente i momenti vissuti sulla via, si era poi reso conto di quanto i ricordi più importanti e significativi fossero proprio quelli legati alle esperienze condivise con gli altri pellegrini, che gli avevano davvero lasciato il segno che stava cercando. Siamo arrivati tutti insieme nella piazza della Cattedrale di Santiago, cantando e piangendo, uniti per sempre da questa indelebile emozione. Sono proprio le connessioni interpersonali fortuite e spesso inaspettate a rendere davvero speciale il nostro viaggio. L’elemento umano è fondamentale e lasciare spazio all’ascolto e all’arricchimento reciproco è la parte centrale della nostra scoperta, quella più profonda che coinvolge anche la nostra anima.

Nell’epilogo del meraviglioso libro ‘Le 8 Montagne’ di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega nel 2017, ho ritrovato un messaggio che mi ha fatto riflettere molto sul significato del viaggio. Il titolo si collega ad un mito nepalese in cui il mondo viene rappresentato come un cerchio suddiviso in 8 raggi. Al centro del cerchio viene tradizionalmente posto il monte Sumeru, altissimo e imponente, circondato sul perimetro da 8 vette e 8 mari. La domanda che viene posta a Pietro, uno dei due protagonisti della storia, è questa: “Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”
Ci ho riflettuto molto in questi anni e credo che, come sempre, non ci sia una risposta univoca, ma vorrei condividere con voi la mia personalissima lettura. Considerando l’ascesa al monte Sumeru come la ricerca interiore, l’approfondimento, lo scavare a fondo e il giro delle 8 montagne come l’esperienza esterna, il mettersi in gioco con nuove attività, lo scoprire ciò che è diverso, io credo che non esista un approccio migliore dell’altro, ma anzi, che siano entrambi strumenti validissimi per rendere il nostro viaggio di vita davvero significativo. Ma non solo. E’ facile che in corso d’opera ci si ritrovi a voler sperimentare un metodo diverso, alternando tra un processo e l’altro senza doverci ritenere incatenati ad un singolo approccio. Crescendo ed evolvendoci infatti cambiano con noi anche le nostre esigenze, le nostre necessità che è giusto ascoltare e assecondarle. Ma se le 8 vette e il monte Sumeru fossero in realtà portali spazio/temporali capaci di portarci velocemente al centro o ai lati del disegno? Mi piace infatti pensare che la ricerca interiore e quella esterna siano 2 facce inseparabili della stessa medaglia. Non esiste scoperta interiore senza conoscere e confrontarsi con ciò che ci circonda. Al contrario, ci sentiremmo persi se viaggiassimo verso l’incognito senza avere un porto sicuro a cui poter fare ritorno. Non importa quindi quale via si scelga, l’importante è sicuramente godersi il cammino e voltarsi indietro di tanto in tanto per ammirare tutta la strada che si ha percorso.

Buon cammino e buon proseguimento, amici lettori!

Elisa Sardi

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