Musei all’aperto ed etno-percorsi parte 2

 

Photo credits: ArcheoParc Schnals Museumsverein

A Madonna di Senales un maestro elementare in pensione ha realizzato, dopo il rinvenimento al Giogo di Tisa nel 1991 di Oetzi (la mummia del Similaun), un ArcheoParc “neolitico” di 8mila mq dove si lavora la terra, la legna, si cuoce il pane, si tinge e tesse la lana e si cuciono le pelli come nell’antichità... Il Museo si divide in un’area all’aperto che riproduce il luogo del ritrovamento di Oetzi (uomo vissuto circa 5300 anni fa), il villaggio in cui viveva, e alcune rudimentali attrezzature che utilizzava – appunto - per cucinare. L’area al chiuso, invece, si sviluppa su tre piani e prevede un percorso sulle prime tracce umane nelle Alpi fino ad arrivare alla vita dell’uomo del Similaun.

In Basilicata, infine, grazie alla feconda esperienza rurale del cosiddetto “urbsturismo” (su cui hanno intensamente lavorato i pionieri Ina Macaione e Armando Sichenze e che con approccio multidisciplinare ha sussunto dagli inizi circa 120 imprese), si è ad esempio cercato di definire a monte il prodotto turistico lucano come “risorsa, autenticità, luogo di integrazione, benessere, eredità culturale, città-natura, piccola città, recupero, sostenibilità, riconversione ecologica, economia turistica, rete, qualità”. Il termine urbsturismo stesso sta a significare "una forma di turismo incentrata sulle attività del benessere e della salute che si esplicano attraverso il recupero delle risorse (antropiche, naturali, architettoniche e urbane, ecc.) partendo dalla campagna e dalla natura (più o meno antropizzata) per trovare piccolissima città, i luoghi più idonei al godimento della integrazione di tutte le risorse. Si tratta dunque di luoghi in cui, essendo ancora possibile un rapporto tra città e campagna, tutte le componenti fondamentali del turismo, ossia la vacanza, il viaggio e l'ospitalità (rurale ed urbana) assumeranno significato esplorativo e culturale". L'idea portante è, in loco, di segno culturale e socioeconomico, poiché presuppone che esistano piccoli centri alquanto sottrattisi allo sviluppo italiano del ‘900 e soprattutto alle contraddizioni degli ultimi cinquant'anni, ovvero che esista una realtà stratificata di "paesini" ben vivi. Tutta l’ospitalità viene infatti, da progetto, diffusa in edifici recuperati all’interno di pregevoli borghi storici, e si organizza un’intensa attività di escursioni, non solo a piedi, e leisure. I temi originari spaziarono dalla ceramica al bosco, dal legno alla carta… Sullo sfondo di tutto compare meritoriamente la preoccupazione che una “turistizzazione” senza qualità, senza progetto e soprattutto senza cultura, ricalchi nel Mezzogiorno le strade fallimentari dell’industrializzazione, divenendo solo occasione per grandi affari con spreco di risorse finanziarie.

Umberto Curti, BioVoci

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