Conversazione con Luca Mercalli
Care Lettrici e Lettori di BioVoci, ho il piacere di
introdurre il Professor Luca Mercalli con le parole che gli ha dedicato Umberto
Curti in Sostenibilità e Biodiversità, un glossario (Ed. Sabatelli, Savona,
2023):
“Climatologo e divulgatore scientifico torinese, fra i più
seri e competenti, da anni conduce una battaglia a tutto campo contro il
degrado ecologico caratterizzante il tempo presente. In gioventù si formò anche
accanto a Willy Mònterin, figlio del noto glaciologo (si veda qui la relativa
voce). I suoi allarmi circa il cambiamento climatico in atto (e sempre più
accelerato) figurano tra quelli più colpevolmente inascoltati. Ha scritto
anche, col gruppo musicale vercellese Banda Osiris, la suggestiva pièce
teatrale Non ci son più le mezze stagioni, nella quale di fatto (ci) si domanda
come sarà il mondo domani. Ha puntualizzato, al termine di una puntuta e
meditata disamina di molte fra le peggiori contraddizioni italiche: “Avremmo
tutti gli ingredienti per allinearci ad una sostenibilità veramente di alto
livello, ma li usiamo male: abbiamo un sacco di sole che già ci ha portato
nelle prime posizioni al mondo per impianti fotovoltaici (…) ma poi lasciamo le
porte aperte dei negozi d’inverno (…) Ci ostiniamo ad andare in auto laddove si
potrebbe andare a piedi, in bici o con mezzi pubblici (…) Abbiamo il miglior
cibo biologico al mondo ma ci facciamo fregare da un’industria agroalimentare
sempre più artificiale e globalizzata”. (Schizofrenici ambientali, su FQ
Millennium, anno II n. 15, agosto 2018, p. 71)”
Da tempo seguiamo la sua attività, e ogni settimana la sua
rubrica su Il Fatto Quotidiano è uno degli “appuntamenti” della domenica. Il
suo nome ricorre frequentemente nelle nostre docenze (specie da parte di
Umberto Curti nell’ambito dei corsi di qualifica GAE – Guida Ambientale Escursionistica)
dedicate al tema della tutela e valorizzazione dei territori appenninici e
alpini della Liguria.
Si è definito un “cacciatore di conoscenza montana”, la sua Heimat
“è tutto il territorio sopra la curva di livello dei mille metri”. È un cultore
della micro-geografia locale in opposizione alla ipermobilità globale:
condivisione tra l’essere umano e l’ambiente circostante, la sua storia
naturale e sociale versus viaggi compulsivi e selfie esotici.
LUISA PUPPO: Professore, iniziamo dalla cronaca elettorale. Durante le recenti elezioni amministrative, Lei si è candidato come consigliere nel piccolo comune di Usseaux, nelle Alpi piemontesi. 180 abitanti, e per Lei zero voti. Come mai paga così poco l’ambientalismo?
LUCA MERCALLI: Ci sono diverse spiegazioni che concorrono a
una “sommatoria”…
La prima è di ordine antropologico/psicologico, sono temi
che ci sfuggono in termini temporali. La chiamerei “la sindrome del fumatore”,
non siamo in grado di vedere il rischio a lungo termine per la nostra salute.
Questo nel personale, figurarsi quando si tratta della salute del pianeta, che
viviamo come “altro da noi”.
In più, ora è diffusa la paura immotivata che l’ambiente
possa pregiudicare la nostra qualità della vita, “imponendoci” vincoli e tasse.
In questa inquieta stagione economica l’ambiente è percepito come un lusso,
quasi come se ci potessimo permettere l’ambientalismo solo finché l’economia
prospera. Occorrono conoscenza e cultura per capire davvero cosa è in gioco. Là
dove con il Green Deal l’ambiente entra (dovrebbe entrare?) in campo in modo
concreto, una “reazione di pancia” lo respinge. Se ragioniamo in ottica di
grandi numeri e analizziamo i dati a livello europeo, infatti, le performance
dei partiti “verdi” sono state negative pressoché ovunque.
Sono poi assai diffusi gli alibi che deresponsabilizzano,
che fanno ignorare i tanti avvertimenti che la natura e il clima ci hanno già
dato da molto tempo. Di ambiente a rischio Italo Calvino ed Antonio Cederna – per
citare solo due nomi – scrivevano già negli anni Cinquanta…
LUISA PUPPO: quasi un secolo fa, il glaciologo Umberto Mònterin, di cui Lei ha frequentato il figlio, esplorò i movimenti dei ghiacciai. Cosa c’è ora di diverso, perché ci dobbiamo preoccupare?
LUCA MERCALLI: il ghiacciaio del Lys oggetto degli studi di Mònterin in cento anni è indietreggiato di oltre un chilometro. In passato le
cause di questi movimenti erano di origine naturale, oggi le cause sono le
nostre condotte, ovvero le emissioni di gas serra, mentre quelle di matrice
naturale non sono attive. Non si tratta di un nesso meramente statistico, ma
fisico. Mònterin, negli Anni 1930, non identificò il ruolo critico del
riscaldamento globale, fenomeno peraltro già noto a fine Ottocento: nel 1896 lo
scienziato svedese Svante Arrhenius (per primo) affermò che la combustione del
carbone fossile avrebbe potuto provocare un aumento del riscaldamento globale.
LUISA PUPPO: Mentre ci si accanisce nella difesa ad oltranza
dei balneari, le coste “scompaiono”, e so che anche la Riviera di Ponente sarà
fra le prime interessate da drammatiche erosioni costiere. Ha avvertito
sensibilità su questo allarme? Se ne parla?
LUCA MERCALLI: La risposta è no! La stessa mancanza di sensibilità verso l’aumento del livello del mare, una minaccia gravissima per un Paese che – come l’Italia – ha ottomila chilometri di costa e gemme fragilissime come Venezia. L’aumento del livello dei mari mondiali è di 4,6 millimetri all’anno: lento ma inesorabile, un’emergenza che ci sfugge in termini temporali. Alle spalle della costa ligure ci sono le montagne, un sicuro rifugio, ma che ne sarà - ad esempio – del Polesine e di Rovigo quando a fine secolo il livello del mare potrebbe alzarsi di un metro? Non è catastrofismo, perfino l’ENEA ha sviluppato un nuovo servizio in grado di mappare le aree costiere a rischio inondazione per il cambiamento climatico. L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile è un organismo statale, ma lo Stato dove è? Li considera questi studi o li lascia nei cassetti?
LUISA PUPPO: Dal mare alla montagna. Da decenni la montagna
si è spopolata, anche la Liguria lo racconta – mi vengono in mente le tante
borgate abbandonate di Montoggio, nel Genovesato. Non possiamo far tornare le
persone nei luoghi dai quali i nonni erano scappati, né museificare la montagna
e renderla cartolina. Lei è tra coloro che sono “saliti in montagna” (a Vazon,
nel Comune di Oulx, in Val di Susa): una scelta di vita che L’ha spinta anche
ad affrontare il complesso iter per la qualifica di Casa Clima. Un’esperienza
protagonista del volume Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al
riscaldamento globale. Dal Suo punto di osservazione, e secondo la Sua
esperienza, quali sono i servizi e le opportunità per immaginarsi una restanza
o una “ritornanza” (mi permetta l’infelice neologismo) da parte di giovani che
vogliano lavorare e/o mettere su famiglia in queste aree? Nel volume propone
undici criteri generali per il recupero della montagna “marginale”…
LUCA MERCALLI: i due presupposti-base sono i collegamenti
stradali e internet (che consente il lavoro anche da remoto), il resto verrà da
sé all’aumentare della domanda. Anche la scuola – lo abbiamo visto - può
cambiare (penso almeno a una parte di didattica a distanza), e beneficiare
delle tecnologie, così come i presidii sanitari potrebbero integrarsi con la
telemedicina. Le Amministrazioni pubbliche delle aree montane stanno ancora
dibattendo il tema spopolamento quando questo sarebbe invece il momento di
affrontare proattivamente il tema del ripopolamento generato dal riscaldamento
globale. Così come andrebbe governato il processo di adattamento preventivo ai
cambiamenti climatici, soprattutto riferito alle aree costiere minacciate come
detto dall’aumento del livello del mare e dall’aumento delle temperature.
Che ora è ancora – per così dire – sottotraccia, ma quando
anche a Genova ci saranno 50°C, diventerà un’emergenza (a Siracusa abbiamo già
toccato nel 2021 i 48,8°C). Le transizioni vanno accompagnate e governate dagli
enti locali/nazionali per evitare fenomeni di maladaptation durante la
migrazione città-montagna. L’emergenza favorisce inoltre la speculazione
edilizia e interessi economici “spregiudicati”.
È il momento di progettare il futuro. Come ho scritto nel
libro, la governance si deve basare in primis (ma non solo) su un principio non
negoziabile: si ristruttura quello che c’è, non si costruisce nulla di nuovo.
LUISA PUPPO: “Solide pietre ereditate dal passato e
tecnologia edilizia d’avanguardia” scrive al termine del volume…
LUCA MERCALLI E qui, ahimè, troviamo il nemico numero uno di
coloro che vogliono “salire in montagna”, più temibile di qualsiasi fenomeno
naturale avverso: la burocrazia, le forche caudine di tecnici che applicano
norme che sembrano progettate per scoraggiare chi intenda recuperare antichi
edifici, l’assenza (a livello nazionale e locale) di procedure edilizie
specifiche per le aree montane.
LUISA PUPPO: i 14 Ottomila della burocrazia senza ossigeno,
scrive nel libro…, burocrazia che è anche tra i protagonisti del paragrafo
“Come non fare agricoltura in montagna”. Ostacoli e gabbie normative che
“tagliano le gambe” a quei giovani che possano scegliere di vivere la montagna
dedicandosi a (già ostiche) coltivazioni di qualità. Dall’agricoltura alla
biodiversità - naturale, culturale, antropica, linguistica, etnogastronomica… A
parte il fronte burocrazia, come procedere a una tutela valorizzante della
biodiversità, che crei posti di lavoro, che induca ripensamenti, che crei
“buonessere”?
LUCA MERCALLI: Anche nel caso della biodiversità siamo in
presenza di un problema culturale. Il 90% delle persone non ha sentiment verso questi temi perché non ha le basi culturali/di conoscenza per poterlo
fare. È un “sentire” di comunità che troviamo invece in Alto Adige, una cultura
anche popolare, e poi in Austria, in Scandinavia…
Non si tratta di comunicare con efficacia a chi comunque è
già disposto ad ascoltarci – dagli allievi di un corso al pubblico di un evento
-, ma di informare e coinvolgere gli altri, il 90% indifferente.
Come godere di questi tesori se manca questa
consapevolezza/sensibilità? Alle base di tutto ciò sussiste un bias cognitivo,
una distorsione alimentata anche dall’ottundimento legato all’abuso dei social media
e dall’attivissima volontà di quegli interessi economici che avversano la
consapevolezza del rapporto tra umanità e ambiente.
LUISA PUPPO: Ognuno contribuisce al futuro con le proprie risorse. L’importante è che ci sia un senso nelle cose che si fanno, e noi l’abbiamo trovato. Come Mario Rigoni Stern “siamo arrivati a baita”. Salire in montagna termina con queste toccanti parole.
Professore, grazie di questo tempo prezioso e di questa
conversazione ricca di spunti, buone prassi e “cibo per la mente”. E grazie
soprattutto per il suo pathos militante, per il suo tenace “ogni goccia conta”
anche di fronte alle stolidità di quest’epoca.
La aspettiamo gradito nostro ospite a Calizzano, tra faggete
e tecci.
Anche qui, quasi ogni prato ha un nome…
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