Ingegneri, architetti e la sfida delle città-spugna
Tra climate change ed altre “amenità”, l’antropocene in anni recenti ci ha costretto a fare i conti anche con eventi meteo estremi, in particolare le prolungate siccità e poi le cosiddette bombe d’acqua e le conseguenti esondazioni, ecc.. Talora siamo giunti ad un punto che nessun luogo vicino a corsi d'acqua dorme sonni tranquilli.
Ma, per converso, le due molecole d’idrogeno combinate a
quella di ossigeno sono di fatto divenute una delle “materie prime” più
importanti per il futuro dell’umanità, ma l’Italia stessa è un esempio in
negativo là dove nei propri acquedotti – obsoleti e inadeguati - ne spreca
circa la metà (a tale spreco si associano poi quelli nostri quotidiani, quando ad
es. neppur chiudiamo il rubinetto mentre ci strofiniamo i denti con lo
spazzolino)… Alcune grandi città (prevalentemente straniere), ovvero alcuni
concentrati di asfalto e cemento, materiali per natura impenetrabili, hanno
tuttavia iniziato a pensare ad una propria configurazione in forma di “spugna”:
cosa s’intende con tale espressione? Che – molto semplicemente - quelle città
predisporranno sistemi di raccolta dell’acqua piovana al fine di immagazzinarla/conservarla
in vista di necessità a venire. L’idea proviene dalla Cina. L’acqua potrà
naturalmente infiltrarsi verso falde acquifere che l’assorbiranno o verso altri
impianti di “stoccaggio”, senza ovviamente percorrere tratte fognarie che la
altererebbero. Sarà così naturalmente disponibile, quasi come una falda
ulteriore, per i periodi di maggior fabbisogno… Peraltro, le piogge possono
essere assorbite da “rain garden” realizzati presso depressioni, da tetti verdi
piantumati (che in tal senso alleviano il còmpito delle grondaie), possono
defluire in modo più gestito tramite l’inclinazione del fondo di strade e
piazze, la genialità di ingegneri e architetti va aggregando soluzioni alle
sfide in atto. Esistono già, ad esempio in Amsterdam, coperture intelligenti
che – all’arrivo di un diluvio – alleggeriscono le vasche (ad es. trasferendo l’acqua
ivi contenuta negli sciacquoni degli appartamenti…) per predisporsi a nuova
raccolta. Ed esistono metropoli le quali stanno progettando pompaggi che, nel
corso degli acquazzoni peggiori, trasferiscano in mare l’acqua piovana,
prevenendo allagamenti. La mia mente nel frattempo viaggia, con dolore, verso
la Sicilia, un tempo granaio d’Europa, e terra dove oggi, a causa della siccità
che ha arso quel bel grano, persino il rito festoso della mietitura rischia di
diventare via via un malinconico ricordo…
Umberto Curti, BioVoci
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