Conversazione con Maurizio Pallante
Care Lettrici e Lettori di
BioVoci, ho il piacere di introdurre il Professor Maurizio Pallante con
le parole che gli ha dedicato Umberto Curti in Sostenibilità
e Biodiversità, un glossario (Ed. Sabatelli, Savona, 2023):
“La
sua prospettiva è opposta a quella del cosiddetto “sviluppo sostenibile”, che
continua a ritenere positivo il meccanismo della crescita economica come
fattore di benessere, limitandosi a proporre di correggerlo con l’introduzione
di tecnologie meno inquinanti e auspicando una sua estensione, con queste
correzioni, ai popoli che non a caso vengono definiti “sottosviluppati”.
Pallante scrive che ”…Solo un sistema economico finalizzato a ridurre al minimo
il consumo di risorse e la produzione di rifiuti, che riduce gli sprechi,
aumenta la durata di vita degli oggetti e ricicla le materie prime contenute in
quelli dismessi, utilizza le innovazioni tecnologiche per attenuare al minimo
l’impatto ambientale dei processi produttivi e non per aumentare la
produttività, sviluppa al massimo l’autoproduzione di beni, le filiere corte,
gli scambi non mercantili, in una parola, solo un’economia della decrescita ha
una potenzialità di futuro in grado di invertire la tendenza autodistruttiva
insita nell’attuale uso della razionalità per un fine irrazionale”.
Saggista ed esperto di tematiche
ambientali ed energetiche (a questo link biografia e bibliografia https://mauriziopallante.it/chi-sono/
), nel 1985 partecipa alla costituzione dei Verdi (ne esce nel 1992), nel 1988
è tra i fondatori del Comitato per l’uso razionale dell’energia, dal 1990 al
1995 assessore all’ecologia e all’energia nel comune di Rivoli (To). Nel 2005
pubblica il celebre La decrescita felice. La qualità della vita non dipende
dal PIL. Nel 2007 viene costituito il Movimento della decrescita felice,
di cui è stato presidente fino al 2015 (oggi è presidente emerito). Dal 1995
vive nell’Alto Monferrato astigiano…
Da tempo seguiamo la sua attività
di ricerca e divulgazione scientifica. Il suo nome ricorre frequentemente nelle
nostre docenze e nella attività di saggistica e pubblicistica di Umberto Curti,
dedicata alle contraddizioni dell’antropocene tra crisi economica e ambientale.
LUISA PUPPO: Professor Pallante,
nei suoi scritti è netta la critica del consumismo, tema assai caro anche a BioVoci.
Nei suoi scritti sul tema, Umberto Curti si riferisce sempre ad Adorno,
Pasolini, Bauman… Quali sono stati i “miti fondanti” del Suo percorso
professionale?
MAURIZIO PALLANTE: Sicuramente, in
estrema sintesi, i miei riferimenti principali sono stati (e sono) Pier
Paolo Pasolini, Ivan Illich, il Club di Roma, Aurelio Peccei…
LUISA PUPPO: Penso a Pasolini,
sempre attuale il messaggio degli Scritti Corsari e la sua lezione circa
la differenza tra sviluppo e progresso… “Sviluppo” che ritrovo anche in questo
passaggio del Suo Ricchezza ecologica (2009), che ci consentirà molti
approfondimenti: “La vittoria conseguita dall’economia sulla politica e la
mondializzazione hanno trasformato il mondo in un serbatoio di risorse e in un
deposito di rifiuti, uniformando il comportamento, i valori e i modi di pensare
degli individui, impoverendo insieme alle diversità culturali le biodiversità,
riducendo gli uomini a semplici ingranaggi di un meccanismo economico e
produttivo di cui non controllano più il funzionamento, che li riduce a passivi
esecutori sia nel momento della produzione, sia nel momento del consumo di ciò
che hanno prodotto.”
MAURIZIO PALLANTE: Generalmente la decrescita viene equiparata alla recessione, ma questa equivalenza è errata. Per capire la differenza tra i due concetti occorre innanzitutto ristabilire la differenza tra il concetto di merce e il concetto di bene, che non sono sinonimi.
Le merci sono gli oggetti e i servizi che si acquistano, che
vengono scambiati con denaro.
I beni sono oggetti e servizi che rispondono a un bisogno o
soddisfano un desiderio.
Non tutte le merci sono beni e non tutti i beni si devono necessariamente
comprare. L'energia che si disperde dagli infissi, dai muri perimetrali e
dal soffitto di un edificio mal coibentato è una merce, ma non risponde ad
alcun bisogno e non soddisfa alcun desiderio. Se si ristruttura energeticamente
questo edificio e si riducono le sue dispersioni termiche, si ottiene una decrescita
selettiva e governata che riduce le emissioni di CO2, ma non comporta
riduzioni del benessere, fa risparmiare sulle bollette energetiche e consente
di utilizzare i risparmi economici per ammortizzare i costi d'investimento.
Considerazioni analoghe si possono fare se si riducono gli sprechi di cibo, le
perdite delle reti idriche e le quantità di rifiuti che si portano allo
smaltimento, discariche o inceneritori, recuperando, riutilizzando e rivendendo
i materiali riutilizzabili contenuti negli oggetti dismessi. Quando si parla di
sobrietà ci si riferisce ai consumi superflui, una categoria che risponde a
criteri soggettivi. La riduzione dei consumi oggettivamente
inutili rientra nel campo dell'intelligenza. Una decrescita
selettiva e governata si può ottenere anche aumentando la produzione di
beni che si possono avere senza comprarli, attraverso scambi reciproci
fondati sul dono del tempo nei rapporti comunitari, riscoprendo le potenzialità
dell'autoproduzione per autoconsumo, valorizzando i rapporti di solidarietà e
cura. Anche in questi modi si contribuisce a far decrescere il Pil migliorando
la qualità della vita. In sintesi la decrescita implica la riduzione del
consumo di merci che non sono beni e un aumento dei beni che non sono merci.
Con ciò non si vuole negare l'importanza della sobrietà, che è un valore da
riscoprire, ma non si può identificare tout court con la decrescita.
LUISA PUPPO: Professor Pallante,
Le chiedo a questo punto la cortesia di un focus su beni relazionali, beni comuni
e PIL…
MAURIZIO PALLANTE: esistono beni
che non si comprano, o per scelta perché si preferisce autoprodurli o
scambiarli sotto forma di dono, o perché non si possono comprare - i beni
relazionali - o perché appartengono alla comunità di cui si fa parte (non a
caso l’etimologia latina di comunità si rifà a cum munus, con il dono) e
si ha diritto a usufruirne - i beni comuni. I beni autoprodotti, i beni
scambiati sotto forma di dono, i beni relazionali, i beni comuni non rientrano
nella categoria delle merci. Di contro, alcuni oggetti e servizi che si
comprano e rientrano, pertanto, nella categoria delle merci, non hanno nessuna
utilità, per cui non sono beni: gli sprechi dovuti a inefficienza tecnologica o
organizzativa, come l’energia che si disperde dagli edifici mal coibentati e il
cibo che si butta, come abbiamo già visto.
Dato di fatto: consumiamo sempre
più risorse. Non viene praticata la selettività programmata di merci che non
hanno valore, che sono oggettivamente inutili. Dobbiamo ridurre le merci, distinguere
la qualità dalla quantità in una prospettiva di economia sociale.
Focalizzare i beni che non si possono comprare – i beni relazionali.
Consapevoli che un sistema
economico finalizzato alla crescita della produzione di merci, che identifica
il benessere con la crescita del PIL (l’aumento del valore
monetario delle merci a uso finale scambiate con denaro in un periodo di tempo
determinato), per definizione tende a ridurre con tutti i mezzi possibili la
produzione di beni che non sono merci e aumentare la produzione di merci anche
quando non sono beni. Cancella dall’ambito del sapere condiviso il saper
fare necessario all’autoproduzione…, vuole persuaderci che il modo migliore di
avere un bene è comprarlo, identifica il benessere col possesso di cose…,
trasforma il denaro da mezzo per acquistare i beni che si possono avere solo
sotto forma di merci a “traguardo” della vita.
Ma noi siamo sempre consci del fatto che tutto quello che dà senso alla vita non fa crescere il PIL, ricordando le parole di Bob Kennedy .
LUISA PUPPO: Professore, come
“portare a terra” tutto questo?
MAURIZIO PALLANTE: Nel pratico, tutto
ciò si traduce attraverso la conversione economica dell’ecologia. In
sintesi, occorre rendere economicamente convenienti le scelte di carattere
ecologico.
Perché occorre questo passaggio?
Se l’adozione di tecnologie a ridotto impatto ambientale fosse motivata
esclusivamente da ragioni etiche, e non anche dalla loro convenienza
economica, dipenderebbe dai sussidi di denaro pubblico.
Per avviare la conversione
economica dell’ecologia occorre superare la falsa convinzione che le scelte
con una valenza ecologica siano più costose delle scelte fondate soltanto sulla
ricerca del massimo profitto, indipendentemente dalle conseguenze
ambientali che generano.
Ristrutturare un edificio secondo
i principi del risparmio e dell’efficientamento energetico consente
l’abbattimento dei consumi fino al 50%. Un vantaggio concreto sia per il portafoglio,
sia per l’ambiente, la riduzione degli sprechi beneficia proporzionalmente
economia ed ecologia, ecco che i vantaggi per entrambe vanno di pari passo.
L’operazione del bonus 110%
è stata un’ottima idea, purtroppo molto mal gestita. Sarebbe stato
opportuno vincolare i finanziamenti pubblici alla restituzione allo Stato di
una percentuale dei risparmi sui costi mensili di gestione energetica che le
migliorie consentono di ottenere. L’utente avrebbe comunque beneficiato di
vantaggi economici rilevanti senza sostenere spese d’investimento, nonché di un
aumento del valore commerciale del suo immobile, e della riduzione delle
bollette energetiche. Ma – nuovo elemento rilevante sia dal punto di vista
politico, sia economico - lo Stato avrebbe percepito un introito costante e
crescente da destinare a ulteriori ristrutturazioni energetiche…
Ugualmente, attraverso
l’efficientamento della raccolta differenziata dei rifiuti
diminuirebbero le quantità conferite in discarica (e implicitamente
diminuirebbero i costi di smaltimento) e si potrebbero vendere i materiali
differenziati: un processo win-win per ambiente ed economia.
A Tivoli (RM) si è
intrapreso un percorso di questo segno [si è raggiunto l’81% di raccolta
differenziata a fronte di una percentuale media di raccolta differenziata del
52% in regione Lazio e del 44% nella provincia di Roma, ndr]. ASA Tivoli
spa, Azienda Speciale Ambiente del Comune, non aumenta i dividendi, ma
“converte” gli utili nella riduzione della TARI.
LUISA PUPPO: riduzione dei costi e
riduzione dell’impatto ambientale come nuovo focus di ricerca e innovazione,
non più finalizzate alla crescita della produzione. In tutto questo, qual è la
posizione della galassia ambientalista (di cui Lei traccia un pungente
ritratto – stenterelli e vispeterese – in Ricchezza ecologica)?
MAURIZIO PALLANTE: Gli ambientalisti hanno spesso atteggiamenti punitivi e colpevolizzanti. Ma, oltre alla diagnosi, occorre poi la prognosi – la terapia. La critica ha senso solo ove è accompagnata da una controproposta, in un’ottica di governo che traguardi anche le politiche economiche ed industriali. La dimostrazione plateale è quanto analizzato prima circa la “rivisitazione” del bonus 110%: hai un risparmio, poi restituisci allo Stato.
LUISA PUPPO: quali sono le
strategie più efficaci per non essere stolidamente tacciati di
anti-progressismo e per evitare che il concetto di terroir e comunità venga
sfruttato in ottica “municipalista” e passatista?
MAURIZIO PALLANTE: I grandi
risultati sono la somma di piccoli risultati. Pensiamo al fenomeno delle comunità
energetiche. Quello che occorre è il coordinamento tra le varie esperienze,
nella consapevolezza che ci si salva – o si va a bagno – tutti insieme…
Ragionando sul fenomeno della
reazione all’overtourism di cui leggiamo molto in questi mesi, si
sta diffondendo una consapevolezza dell’insostenibilità di un modello che è
spacciato come generatore di reddito, ma in realtà ha un impatto non
sostenibile e di “gentrificazione” sui luoghi. Dalla Canarie, a Barcellona, a
Venezia, ad Amsterdam…
LUISA PUPPO: Professore, qual è la Sua posizione sul cambiamento climatico?
MAURIZIO PALLANTE: il cambiamento
climatico è un dato di fatto, probabilmente irreversibile, un fenomeno che si
autoalimenta, e che forse – sono giunto a sospettare… - può essere “letto” da
alcuni sistemi di potere come uno strumento di controllo demografico del nostro
Pianeta, popolato da circa 8 miliardi di persone…
LUISA PUPPO: Mes chers frères, n’oubliez jamais, quand vous entendrez vanter le progrès des lumières, que la plus belle des ruses du diable est de vous persuader qu’il n’existe pas! [Miei cari fratelli, non dimenticatevi mai, quando sentirete vantare il progresso dei lumi, che la beffa più geniale del diavolo è avervi convinto che lui non esiste!]. Professor Pallante, ha scelto queste parole di Baudelaire (Spleen de Paris, 1862) per “introdurre” il Suo recente L’imbroglio dello sviluppo sostenibile, che si apre con un focus sulla differenza tra “sostenibilità” e “sviluppo sostenibile”.
MAURIZIO PALLANTE: Lo sviluppo sostenibile è un inganno. Non è possibile conciliare la crescita economica, seppur calmierata, con una diminuzione di inquinamento e sovra utilizzo di risorse naturali. Attraverso la riduzione della domanda di energia si possono ridurre sia le emissioni, sia i costi delle bollette, e utilizzare i risparmi sui costi di gestione per ammortizzare gli investimenti.
Siamo chiamati a rivoluzionare
il modo “economico” di concepire il lavoro: non più l’ottica dell’aumento della
produttività, ma la riduzione dell’inquinamento e l’aumento della compatibilità
ambientale.
Il sinonimo di “sostenibilità”
è “conversione economica dell’ecologia”. La sostenibilità ambientale è un
concetto che mette in relazione il consumo della biomassa utilizzata dalla
specie umana per soddisfare le proprie esigenze vitali e svolgere molte
attività lavorative, con la capacità della fotosintesi clorofilliana di
rigenerarla, utilizzando l’energia luminosa che il Sole invia sulla Terra… La
specie umana ha cominciato a introdurre elementi di squilibrio in questo ciclo
aumentando le emissioni di anidride carbonica e riducendone l’assorbimento con
la combustione del legno e con l’abbattimento delle foreste per ricavare
terreni agricoli, urbani, materiale da costruzione per l’edilizia e per i
cantieri navali, ma il colpo decisivo lo ha inferto negli ultimi tre secoli la
combustione di quantità crescenti di fonti fossili… Il dimezzamento delle
foreste ha comportato anche una drammatica perdita della biodiversità…,
l’elemento più dirompente nel compromettere il funzionamento della biosfera.
Per rientrare nei limiti della
sostenibilità ambientale occorre decrescere.
LUISA PUPPO: Professore, grazie di questo tempo prezioso e di questa conversazione ricchissima di spunti, buone prassi e “cibo per la mente”. E grazie soprattutto per il suo pathos militante, per il suo tenace “i grandi risultati sono la somma di piccoli risultati” anche di fronte alle stolidità di quest’epoca.
La aspettiamo gradito nostro
ospite a Genova (o a Calizzano!), dove la nostra ospitalità è semplice ma
premurosa. A presto!
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