Bussana Vecchia, comunità e utopia
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Photocredits: Unsplash |
Bussana
Vecchia:
forse il più celebre fra i borghi medievali liguri “abbandonati”, anche in
virtù della progressiva rianimazione ad opera anzitutto di artisti, che via via
si insediarono in ciò che restava delle case, lesionate - inizialmente - dal
terribile terremoto del 23 febbraio 1887, preannunciato da scosse minori nel
1831, 1851, 1854, che colpì forte soprattutto l’area del castello (Conti di
Ventimiglia) e la chiesa barocca, seppellendo molti fedeli che seguivano la Messa
di primo mattino (i danneggiati poi abitarono alcune baracche esterne al paese
mentre si procedeva a costruire Bussana Nuova, 3 km più a valle, divenuta in
seguito frazione di Sanremo).
Bussana Vecchia sorge in collina, attorniata da
macchia mediterranea, ulivi e agrumeti, e propone una classica struttura a
pigna, che per così dire s’avvita salendo verso il centro, dove il campanile
della chiesa è prodigiosamente scampato ai crolli.
La storia post-terremoto,
che per decenni la ridusse ad un borgo fantasma e collabente, è in realtà
complessa, poiché dopo la seconda guerra mondiale provarono già ad abitarvi
alcune manidopera provenienti dal Sud per lavorare nella floricoltura, però il
Comune non solo le sfollò, ma incaricò il Genio Civile di danneggiare il più
possibile quel che restava degli edifici, tetti scale accessi, così da renderli
inabitabili.
Alla fine degli anni ’60 del Novecento, per opera soprattutto di
artisti come Vanni Giuffrè, che riuscì dove 10 anni prima aveva rinunciato il
ceramista torinese Clizia, s’insediò a Bussana Vecchia, via via restaurandola
con materiali locali, una comunità internazionale di creativi che, molto
solidali fra loro, diedero vita alquanto visionariamente ad una sorta di “stato
utopico” (un po’ come l’isola delle rose dinanzi a Rimini), un’ampia famiglia anticonformista
dove vivere con sole finalità artistiche, esperimento sociale – pur con
inevitabili alti e bassi - con tanto di regolamento depositato presso un notaio
sanremese e “proseguito” a lungo…
Il primo cuore dell’iniziativa fu l’osteria
di Edoarda “Edo” Casadei, dove i “resilienti” si riunivano, concertando anche i
molti lavori da fare per garantire un minimo di agi alla quotidianità (assenza
di elettricità, fognature…).
Nel dicembre 2017 le istituzioni pubbliche hanno tuttavia
inviato a costoro le ingiunzioni di pagamento – indennizzi - per occupazione
abusiva di bene demaniale, cui sarebbero comunque seguiti sfratti e bandi d’asta.
Inducendoli in definitiva a ricorrere al TAR e al Consiglio di Stato, il quale –
se ho ben compreso - li ha “elevati” da occupanti ad abitanti, notando come ciò
che oggi esiste di Bussana Vecchia – meta di turisti e di curiosi (da cui trae
vantaggio Sanremo stessa…) - è proprio il frutto di coloro che vi misero mano e
vi dimorarono, creando botteghe e ristori, servizi ed eventi…
La guerra burocratica
a suon di carte bollate peraltro prosegue, spada di Damocle sul futuro di molti,
ma sia come sia l’auspicio è che Bussana Vecchia – in quest’epoca di
globalizzazione ed overcrowding - non diventi una delle tante “cartoline” per
turisti, affollata di bed&breakfast e oggetto di mire speculative...
Umberto Curti BioVoci
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