Conversazione con Tommaso D'Errico

 

Photocredits: Al Ritmo delle Stagioni blog

Care Lettrici e Lettori di BioVoci, ho il piacere di introdurre Tommaso D’Errico, blogger, fotografo e scrittore, e con le sue stesse parole:

Mi chiamo Tommaso D’Errico, nato a Roma nel 1982, sono laureato in Scienze della Comunicazione e sbarco il lunario lavorando come grafico, creativo e web designer. Appassionato di natura, viaggi, fotografia e scrittura, a 33 anni, dopo alcune esperienze all’estero, ho lasciato definitivamente la città rifugiandomi a vivere sulle Alpi, in un avamposto sperduto dell’alta valle Maira.

Finalmente libero di sperimentare uno stile di vita diverso, mi sono dedicato con entusiasmo a nutrire nuove passioni, dalla coltivazione di un orto all’artigianato del legno, passando per lo studio della fauna selvatica e la riscoperta di antiche usanze contadine. Da quell’esperienza, durata tre anni, è nato il blog “Al ritmo delle stagioni” e il libro “Un anno di vita in montagna”, pubblicazione indipendente che ad oggi ha venduto oltre 15.000 copie.

Nel 2018 mi sono trasferito sulle montagne al confine tra Toscana e Romagna e ho iniziato a viaggiare per conoscere esperienze di ripopolamento tra Alpi e Appennini, raccogliendo storie e reportage fotografici. Nel 2021, ho lanciato il progetto Montanari 2.0 — Storie di sognatori con i piedi per terra, che tra la primavera e l’estate mi ha portato a confrontarmi con numerose realtà di resistenza territoriale. Da allora non ho più smesso di curiosare tra antichi borghi, valli e foreste, interpretando l’inedito ruolo di “montanaro nomade”.

LUISA PUPPO. Tommaso, il tuo percorso-progetto mixa temi assai cari a BioVoci: stili di vita attivi e sostenibili, valorizzazione delle aree interne, riscoperta dei beni relazionali. Il tutto, alla ricerca del work-life balance. Dove e come inizia l’avventura del “montanaro nomade”?

TOMMASO D’ERRICO. In realtà il “montanaro nomade” è l’evoluzione del “montanaro” e della svolta che ho intrapreso otto/nove anni fa. All’epoca lavoravo nel settore grafica-comunicazione a Roma, città che ormai vivevo con disagio e insoddisfazione a causa dei ritmi frenetici, impattanti, direi violenti, di una realtà urbana così complessa. Già prima dei trenta anni avevo iniziato a costruirmi un percorso professionale come freelance, in evoluzione rispetto al lavoro dipendente, per garantirmi la possibilità di poter lavorare altrove, senza vincoli. L’altrove in questione era l’Europa, dove ho fatto varie esperienze. Arrivato ad Amsterdam fui conquistato dalla città, dal suo mood, dalle biciclette - finalmente – padrone (o quasi) delle strade. Un sogno per chi come me usa la bicicletta da tempo per gli spostamenti in città, scelta che a Roma (specie in passato) è in molti sensi coraggiosa… Insieme alla mia ex compagna - che lavora per Fedeparchi e segue il progetto Liste Rosse nazionali delle specie minacciate – pensavamo di aver trovato “il” posto dove trasferirci. Ma due settimane di WWOOFING in Val Maira ci hanno cambiato la vita…

LUISA PUPPO. WOOFING deriva da WWOOF, l’acronimo di World-Wide Opportunities on Organic Farms (Opportunità globali nelle fattorie biologiche): “un programma culturale ed educativo incentrato sull'agricoltura sostenibile. I soci viaggiatori, o WWOOFer, condividono la quotidianità rurale con l'host e imparano tecniche agricole sostenibili trascorrendo circa metà della giornata ad aiutare in fattoria. Gli host offrono alloggio e pasti ai visitatori, senza alcuno scambio di denaro tra host e WWOOFer”, leggiamo sul sito di WWOOF Italia.

TOMMASO D’ERRICO. Un’esperienza che mi ha cambiato la vita, la presa di coscienza che in quei luoghi ci si poteva vivere, non soltanto fare turismo, e un primo “cambio di rotta”: perché non trascorrere un anno qui – quasi una sorta di training - prima di trasferirci ad Amsterdam, anche provando a sviluppare un progetto sull’artigianato da poter “mettere in pratica” in Olanda? Bene, dopo tre-quattro mesi avevamo un orto le galline e… all’Olanda non pensavamo più. Avevamo trovato nella montagna “remota” una dimensione congeniale, dopo due anni abbiamo iniziato a progettare come renderla stabile, per così dire a tempo indeterminato. Trascorso un altro anno in Val Maira (troppo distante da Roma e dai nostri affetti) ci siamo trasferiti all’Alpe della Luna, un gruppo montuoso incastonato tra Toscana e Marche. A questo punto la svolta, con la separazione. Nel 2020 ero solo… quindi la voglia, il bisogno, di viaggiare per conoscere altri luoghi e altre realtà. Durante il periodo in Val Maira sono nati il blog “Al ritmo delle stagioni” e il libro Un anno di vita in montagna, nei quali ho “esternato” e raccontato le esperienze di quegli anni: blog e libro hanno suscitato grande interesse, il libro vende molte migliaia di copie(all’inizio pensavo non avrei superato le cento…). Questo ha cambiato la prospettiva: conosco nuove realtà, ricevo decine di contatti al giorno - non solo da parte di chi voleva realizzare qualcosa di simile, ma anche di chi aveva già intrapreso questo corso e voleva condividere con me la sua esperienza (sia montanari doc innovativi, sia “neo-montanari” che come me si erano trasferiti dalla città). Tutti volevano raccontare le proprie esperienze, un fertilissimo percorso di scambio – nel quale ho messo a frutto anche i miei studi e la laurea in comunicazione - che mi ha consentito di esplorare un ventaglio di punti di vista. Nel 2020 ho voluto incontrare di persona queste realtà e fare questo viaggio, per me e per gli altri, restituendolo attraverso un progetto editoriale e fotografico (Montanari 2.0). Dopo il viaggio… il “montanaro nomade” ha continuato a girare, ora “faccio base” su Pennabilli [borgo dell’entroterra collinare in provincia di Rimini, sede del Museo diffuso ideato da Tonino Guerra (scrittore, sceneggiatore e poeta). A Pennabilli Umberto Curti ha dedicato uno dei lemmi di Sostenibilità e Biodiversità, un glossario (ed. Sabatelli, Savona, 2023) – NdR].

LUISA PUPPO. Niente improvvisazione. Un progetto vero e proprio, basato sulla costruzione di un percorso formativo e professionale indirizzato alla creazione di impieghi “location independent”. Quali buone prassi si possono trarre dalla tua esperienza personale?

TOMMASO D’ERRICO. Fondamentale il realismo nella ricerca del work-life balance. La creazione del sistema vita/lavoro va modellata sulle attitudini e sui bisogni del singolo. Non bisogna optare per scelte “endogene”, ciò che ha funzionato per altri può non essere adatto a noi. È un percorso articolato e complesso che comprende tutti gli aspetti della vita e la disponibilità a mettere in discussione se stessi e i propri assunti di una vita. Personalmente ho ridotto le ore lavorative stricto sensu, ho iniziato a “scegliere” con chi lavorare, e contestualmente ho ampliato la mia concezione di reddito. Ho abbondonato l’ottica “monolitica” per la quale il reddito è il bonifico del mio cliente, in favore di una visione integrata nella quale includo l’autoproduzione e lo scambio di attività con i locali, attraverso il quale si consolidano le relazioni e si sviluppa socialità: una forma di aiuto non solo materiale, che dà molto di più di un mero costo ora/uomo. Oltre lo smart working c’è di più: un approccio olistico permette di “fare di meglio”.
Sempre ricordando che si tratta di progressioni graduali, non di salti nel buio. Se si pensa di lasciare la città verso la montagna, è bene fare esperienze di prova (un valore aggiunto del WOOFING). La montagna è in realtà un universo composto da un’infinità di galassie, culturali ed ambientali. Corpo e carattere, per così dire, vanno messi alla prova in contesti distanti (non solo fisicamente) dalla città della quale non vanno “esportati” i meccanismi. Tempo, socialità, ritmi della natura.: elementi da conoscere per evitare (anche) problemi con le comunità locali.

LUISA PUPPO. Ripopolamento delle aree montane. Montanari 2.0 restituisce delle buone prassi, dei fil rouge vincenti? C’è una situazione che le rappresenta tutte?

TOMMASO D’ERRICO. Esistono dei fattori comuni, per così dire.
La base è l’approccio col luogo e la comunità: andare in un posto con l’idea di adattarsi ad esso, alle dinamiche culturali e sociali locali. Arrivare in punta di piedi, con umiltà… Procedere altrimenti genera inimicizia con i locali: insuccesso garantito. A volte, va detto, c’è una forma congenita di chiusura verso il forestiero laureato che arriva con “con la verità in tasca”. Confrontarsi, non piegarsi: innovare nel rispetto dei territori e della comunità.
La seconda buona prassi, come anticipato, è la costruzione di un buon progetto strutturato. Intraprendere un percorso perché lo si vuole realizzare, non perché si fugge da qualcosa.
Difficile indicare una sola realtà, ma penso che Fontana dell’Olmo sia l’opzione più efficace. Fontana dell’Olmo, ha fatto scattare la mia personale scintilla. Compendia i plus che ho appena indicato. Una coppia giovane e legata, Matteo e Silvia - lui, montanaro doc, lei, cittadina trasferita in Valle Argentina - , un progetto di famiglia (figli ed esigenze di socialità). competenze complementari e multidisciplinari, l’attitudine a svolgere compiti diversi, il mix tra retaggio del mondo contadino ed elementi di innovazione, la capacità di concepire il reddito in modi diversi, ampliando la gamma dei servizi offerti. Con le giuste competenze (Matteo sa fare di tutto, dal campo al pc), anche in un ambiente montano puoi sempre correggere il tiro, sempre seguendo un macro-obiettivo: prendersi cura dell’ambiente e delle persone, il leit motif delle attività di allevamento, ricettività, ristorazione, agricoltura. Tutto si basa sull’affiatamento della coppia o delle persone, sulla complementarietà delle competenze…

LUISA PUPPO. Tommaso, cambiamo argomento. Come è cambiato nel tempo il tuo rapporto con i social media?

TOMMASO D’ERRICO. Lo spartiacque è legato alla separazione e alla difficoltà di raccontare la mia vita. Una causa esterna che mi ha indotto a mollare la presa, ma che mi ha anche contestualmente liberato dall’invasività dei social media – ritmi frenetici così affini alla mia “vita” precedente, il dovere di rispettare le deadline delle pubblicazioni, l’ansia di generare contenuti… la mia priorità ora è quella di fare qualcosa funzionale alla mia natura. Se ho qualcosa da condividere, da raccontare, posto contenuti. Ovviamente, ci sono delle conseguenze (ad esempio il cospicuo calo delle vendite dei libri). È – di nuovo – una questione di equilibrio, di compromesso

LUISA PUPPO. Tommaso, terminiamo con uno sguardo al futuro prossimo…

TOMMASO D’ERRICO. sto finalizzando un progetto editoriale di divulgazione scientifica sul lupo, in sinergia con l’associazione “Io non ho paura del lupo.” Uno sguardo a 360° - etologico (legato anche alla perdita di biodiversità), storico, sociale -, un’occasione per riflettere su trasformazione del territorio e capacità di adattamento, tema che non riguarda solo il lupo, ma anche tutti noi. Penso di essere la figura adatta per un progetto come questo, in quanto lavoro da tempo con le comunità locali. Comunità che circa il dibattito sulla presenza del lupo sono state ignorate per decenni: ascoltare la loro voce, la voce degli stakeholder, è il presupposto essenziale di ogni processo di conservazione. Si tratta di temi complessi dal punto di vista scientifico e sociale, la volontà è quella di non banalizzarli, evitando nel contempo un taglio da addetti ai lavori. La divulgazione culturale e scientifica dovrebbe traguardare un obiettivo: dare fiducia al lettore, alla sua capacità di comprendere. Una meta da perseguire attraverso la scelta di idonei registri linguistici. Il mio banco di prova più significativo a oggi è stato Montanari 2.0: come affrontare il tema del ripopolamento della montagna? Sperimentiamo toni e linguaggi per veicolare contenuti accademici con maggior leggerezza, talora ironia. Un esempio? L’attività di divulgazione scientifica di Barbascura. che spazia dal web alla tv.
Prendiamo qualche rischio, dunque, rifuggiamo dalla deriva dei format comunicativi dilaganti sui social.
Non si può ridurre tutto a micro-video o stories…


Tommaso, grazie di questa conversazione ricchissima di spunti e progettualità.

Buon cammino!
Ti aspettiamo a inizio estate nostro gradito ospite a Calizzano, tra immense faggete silenziose e tecci.

Luisa Puppo, BioVoci


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