La città del sole e un nocchiero genovese
“La città del sole” è una creazione filosofica, divenuta famosa nel tempo, di un domenicano calabrese, Tommaso Campanella, vissuto a cavallo di due secoli quanto mai di transizione (1568-1639).
Chi fu costui (certo non un Carneade)? Seppe essere contemporaneamente molte cose, giovanissimo frate, prolifico scrittore ed anche poeta (migliore del coevo Marino?), e soprattutto, lungo l'intero corso della vita, un “rivoluzionario” nel nome dell’uguaglianza, il che gli costò caro (e incarcerato a Roma fu forse compagno di cella di Giordano Bruno). Da una parte infatti Campanella sognò una reale riforma politico-spirituale che bilanciasse le crepe indotte dal luteranesimo, dall’altra auspicò uno sforzo universale della Chiesa pro dignitate hominis. Sono ancora attuali il suo pensiero e le sue utopie rinnovatrici? Link fra Rinascimento e “conquiste” cartesiane, non a caso il format della sua Città del sole si rifà classicamente alle utopie altrettanto celebri di Platone e di Tommaso Moro, ai quali già dobbiamo l'idea delle comunità ideali. Nella Città del sole, in particolare, i solari abitano una repubblica “naturale” governata da un re-sacerdote (il Metafisico) e da 3 magistrati (Pon, Sin, Mor), ovvero potenza, conoscenza e amore, le 3 primalità dell’essere teorizzate nella “Metaphysica” cui purtroppo si oppongono impotenza, ignoranza e odio. Questa costruzione politico-sociale, poggiante su ideali sia etico-religiosi che cosmico-magici, ovvero sia naturalistici che astrologici, si schierava contro il cinico machiavellismo dell'epoca (governo = mantenimento del potere), e a quella ragion di stato contrapponeva un ponte – per così dire - fra nuovo e antico, fra ascesi e ribellione, che medicasse il cammino dell’uomo… La prima stesura risale al 1602, in volgare fiorentino, utilizzando l’andamento a dialogo che era proprio, in effetti, dell’esoterismo platonico; il testo, originariamente scritto nelle disumane segrete di Castel Nuovo a Napoli (il maschio angioino), dove l’autore patì 27 anni e dove si fingeva pazzo onde attenuare la condanna degli Spagnoli per sovversione, fu poi traslato in latino e apparve nella famosa editio princeps del 1623 a Francoforte, intitolato “Civitas Solis. Idea reipublicae philosophicae”. Sorta di Prometeo brutalizzato ma ogni volta indomito, Campanella venne infine liberato nel 1626, e dopo varie traversie, in cui però trovò la benevolenza di papa Urbano VIII, nel 1634 dové infine fuggire a Parigi, accogliente rifugio grazie a Luigi XIII e al cardinale Richelieu: Ma alla sua morte, avvenuta nel 1639 presso il convento di Saint Honoré, non erano stati pubblicati che pochi volumi della sua vasta produzione… Il dialogo cui abbiamo accennato si svolge fra due personaggi “in scena”: l'ospitalario, un cavaliere dell’ordine di Malta, e il genovese, nocchiero di Colombo (un nocchiero, quindi più che un semplice marinaio). Questo genovese narra sorprendentemente di aver incontrato, dopo la circumnavigazione del mondo, una città con leggi e costumi perfetti nell'isola di Taprobana, ignota isola nei mari della Sonda presso Sumatra (forse Ceylon), vicino alla linea dell’equatore. Taprobana, sorta di polis (uno spazio di poderi ben coltivati intorno a un abitato), è la capitale di quella comunità eliaca, teocratico-comunistica, la quale, vivendo in puris naturalibus (si badi che a Campanella è coevo anche il racconto "La Nuova Atlantide" di Francesco Bacone…), è strutturata secondo principî assolutamente razionali ed egualitari, sebbene circondata da re tirannici che invano tentano di sopraffarla... Nella quotidianità di ognuno i beni sono in comune e non esiste la proprietà privata, causa di costanti cupidigia e contaminazione. Sono pagine, di fatto, in cui la natura è tutta vitale e pervasa di spirito, ogni cosa possiede un’anima, e il divino è in tutti ed in ciascuno. Ecco il significativo dialogo che costituisce l’incipit dell’opera:
Ospitalario – Dimmi, di grazia, tutto quello che t’avvenne in questa navigazione. Genovese – Già t’ho detto come girai il mondo tutto e poi come arrivai alla Taprobana, e fui forzato metter in terra, e poi, fuggendo la furia di terrazzani, mi rinselvai, ed uscii in un gran piano proprio sotto l’equinoziale. Ospitalario – Qui che t’occorse? Genovese – Subito incontrai un gran squadrone d’uomini e donne armate, e molti di loro intendevano la lingua mia, li quali mi condussero alla Città del Sole. Ospitalario – Di’, come è fatta questa città? e come si governa?...
Non svelo altro, e lascio un po’ di suspence sul seguito... Si noti che, nel 1973, il regista Gianni Amelio dedicò all’opera un film, con Giulio Brogi, ma sfumandone alcuni aspetti onde evitare un film strettamente biografico. Da genovese (ma non nocchiero di Colombo…), suggerisco quindi agli Amici lettori di BioVoci, fra cui abbondano di certo anche i genovesi, proprio “La città del sole” di Tommaso Campanella, a suo tempo curata da Alberto Savinio (il fratello di Giorgio De Chirico) per l’editore Adelphi.
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