Xylella, un monito da ricordare


A me, come a molti altri, piace raccontare la mediterraneità. I dialoghi fra le sponde, Braudel, Matvejevic, La Capria, Mahfuz, i muretti a secco, l’olivo, la vite, alcuni cereali. Si può forse dire che Ligucibario®, da molti anni, altro non sia che una celebrazione della mediterraneità…

Ma quel mare che univa culture (univa è verbo al passato) sconta oggi, sovente, un surplus di retorica. E alcune dinamiche della globalizzazione, peraltro, non hanno mostrato alcun rispetto né pietà per tante tradizioni, ruralità ed alimenti, su cui la mediterraneità poggia.

In tal senso, una lettura che renderei obbligatoria nelle scuole (italiane) “d’ogni ordine e grado” - e agli studenti e al pubblico che sovente mi ascoltano raccontare l'olio - è certamente Daniele Rielli, Il fuoco invisibile, pubblicato da Rizzoli nel 2023.

Libro che, sotto la veste del romanzo, esplicita – con la forza dei reportage corali - una tragedia ecologico-sociale attraverso il dilagare del batterio Xylella presso gli uliveti pugliesi, che via via, rapidamente, trasforma un paradiso, il Salento, in un cimitero.

La Xylella è causata da un insetto vettore che si ciba della linfa grezza.

L’incalzare di Rielli, figlio di olivicoltori, facendo piazza pulita di tanti e troppi luoghi comuni, prende il via da Gallipoli, dove la Xylella era giunta dalla Costarica trasportata da una piantina di caffè, portatrice sana, transitata verosimilmente dal porto di Rotterdam. E dove le piante (ritenute anche lì come altrove un simbolo di civiltà e pressoché immortali) seccano e muoiono senza che nessuno sappia capire e intervenire… Anzi, scoppiano le proteste contro quegli scienziati che osino proporre misure (necessariamente drastiche) di contenimento…

In definitiva, scopriamo così che quantomeno 21 milioni di ulivi – tra cui molti esemplari secolari e millenari! – ormai non ci sono più, un enorme fuoco silenzioso li ha bruciati. L’epidemia s’estende e ci si continua a chiedere come sia potuto avvenire, mentre i negazionisti negano come sempre le evidenze, il business antepone comunque i profitti alla natura, e tutto un indotto economico – filiere di contadini e frantoiani - stenta a medicare le ferite. Si pensi che a Gagliano del Capo (Lecce) la produzione di olive è precipitata del 90%.

E’ forse una terribile lezione da cui finalmente imparare qualcosa?

Umberto Curti

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