Il DNA ambientale
Proteggere l'ecosistema è divenuto oggi, a causa dell'antropocene, priorità ancor più prioritaria.
Ma sappiamo compiutamente quali specie popolano il nostro ambiente?
Quali sono quelle rare, elusive, di interesse conservazionistico?
E quali sono quelle alloctone che "invadono" gli spazi di vita altrui, via via minacciandone l'equilibrio?
Poiché tutti lasciamo tracce, un recente approccio, non invasivo, consente molte risposte in termini di monitoraggio della biodiversità: è il cosiddetto DNA ambientale (eDNA).
Esso rappresenta un metodo non tradizionale, che ci permette di "fotografare" le specie di un ambiente anche senza un'osservazione diretta o tantomeno una cattura / isolamento.
Nei fiumi, nei canali, nel terreno, nell'aria ecc. s'individuano infatti anche minime tracce biologiche lasciate dai diversi organismi viventi, possono essere mucose, gameti, feci, orina, uova, peli, pelle...
Tali tracce molecolari costituiscono un vasto campionamento, che comparato coi database preesistenti è ormai idoneo a generare dati come mai prima, svelando chi vive in quell'habitat.
E talora riservandoci sorprese...
Umberto Curti

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