DALLA LIGURIA ALLE AMERICHE

alfredo curti nel mato grosso, col capo indigeno atahul



Alfredo Curti, non incidentalmente mio omonimo, nacque a Sampierdarena, oggi Genova, nel 1915 (e a Genova morì nel 1996). Ebbe una vita – come si dice - non comune, ma se “l’origine è la meta” oggi riposa a poche centinaia di metri dalla casa in cui, avventurosamente mi dissero, nacque.

Una vita non comune… Nel 1951 navigò alla volta del Brasile sulla “Enrico Costa”, ricevendo l’attestato che si rilasciava a chi oltrepassasse l’Equatore. Ma dalle vive metropoli come San Paolo e Rio de Janeiro (dove molti italiani s’erano riciclati attori, impresari, chef…) un richiamo interiore lo destinò al Mato Grosso, altopiano di foreste inestricabili e di tribù indigene, talora ancora aggressive. Terra vasta e misteriosa, natura primordiale, che era costata la vita al celebre militare inglese Fawcett, all’intera spedizione Pimentel Barbosa, ad Orazio Fusoni… “In fondo al mondo c’è un rio, dopo il rio un colle, dietro c’è Cuiabà” (la capitale del Mato Grosso), recitava significativamente un detto locale.

La spedizione con Curti aggregò manodopera, troupe per le riprese, guide e portatori, interpreti per avvicinare gli indios, piloti d’aviazione – letteralmente – pronti-a-tutto. Il documentario che Curti ne ricavò, I misteri del Mato Grosso, riscosse una straordinaria affermazione di pieni in sala e di rassegne critiche favorevoli anche nel nostro Paese, e compare in molti database (si veda anche la voce "Alfredo Curti" su Wikipedia). E’ film di cui chi scrive possiede una copia in dvd e che ancora trasmette input forti allo storico delle esplorazioni, al geografo-antropologo, sino all’appassionato di usanze indigene, di pratiche religiose, sanitarie, abitative. Vi compaiono infatti i Carajà, i Kalapalo, i temutissimi Xavante del Rio das Mortes…, ripresi sovente in una dimensione serena e famigliare, a caccia, a pesca, coinvolti in duelli rituali, o rilassati nelle ampie malocas (capanne) dei villaggi.

Di quei fatti rimangono foto, manifesti, pubblicazioni e ritagli d’epoca, cine-rassegne…, a disposizione di studiosi e amatori, materiale con cui nel 2005 organizzai una mostra convegno di cui non a caso resta la pubblicazione degli Atti (1). Tre fotogrammi inquadrano perfino il celeberrimo Padre Antonio Colbacchini, il salesiano di Castel Godigo (TV) che rinsaldò col suo coraggio i contatti prima con i Bororo (della cui lingua compilò una grammatica) e poi con gli Xavante.

Tutto ciò per dire che Liguria e “Meriche” sono legate a filo doppio, c’è una corrente bidirezionale di uomini, di fatica e speranza, di culture e musiche…, che scorrendo intensamente non smette di unire le due realtà, solo apparentemente lontane. Né è casuale che chi voglia “conoscere” la madre del mitico Frank Sinatra debba recarsi a Rossi di Lumarzo, pochi chilometri da Genova, dove nel 1896 nacque appunto Natalina Vittoria “Dolly” Garaventa.

Tracce dei rapporti fra Liguria e Americhe si rinvengono anche in cucina. L’asado, protagonista di tante sagre (a Follo, a Maissana…) e da mangiarsi “a scottadito”, è un piatto importato dall’Argentina, un manzo alla brace che non di rado s’accompagna alla salsa cosiddetta “cimichurri”, anch’essa latinoamericana (peperoncino, olio, aceto, aglio, prezzemolo, origano, pepe, sale). In Val Trebbia la torta “pai”, a base di mele, si rivela chiaro calco linguistico del “pie” inglese.

Favale di Malvaro, infine, è un pugno di case al limitare della Val Fontanabuona, che conta 500 abitanti e mille frazioncine. E’ luogo di acque salubri, di mulini, di frutta e verdura, fra cui quelle ottime fave che secondo alcuni avrebbero prodotto – appunto - il toponimo Favale, di funghi e miele... Col suggestivo passo della Scoglina si raggiunge la Val d’Aveto in un attimo, 31 km d’auto (o di moto).

In località Accereto è visitabile, previo contatto (ad es. 0185 975195, Comune di Favale di Malvaro), il Museo dell’Emigrante “Casa Giannini”, disposto su 2 piani, in cima ad una salita campestre. Raccoglie oggetti, foto, documentazioni dell’epoca di più assidua emigrazione dalla Liguria verso la “Merica”. Da decenni, a fine giugno, si svolge anche una giornata dedicata ai partenti di ieri e di oggi (cui è anche stato eretto un toccante monumento sulla piazza del paese), e agli italiani all’estero. Casa Giannini è la casa paterna di quell’Amadeo Peter Giannini che ad inizio Novecento, dopo il terremoto di San Francisco, iniziò l’attività di finanziatore – con prestiti sempre più decisivi - approdata niente meno che alla creazione della Banca d’America e d’Italia. Uomo generoso ed oculato, lungo tutta l’esistenza soccorse i bisognosi e specialmente gli italiani, disegnandosi un destino speciale e una fama nobilmente meritata. Chi desideri approfondirne la (tuttora poco nota) biografia, s’appoggi anzitutto al volume di Crapanzano e van Ellinkuizen, “Biancaneve, il monello e lo zio d’America”, edito da Ethos.

(1) Dalla Liguria alle Americhe. Viaggi, relazioni, culture, Atti del convegno in Savignone (GE) – Palazzo Fieschi, 17-18 novembre 2005, a cura di Francesco Surdich e Chiara Vangelista, Tipografia Ambrosiana, Busalla (GE), 2007.
Umberto Curti        BioVoci

 

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