“Veleno”, nei campi e nell’anima

locandina tratta da mymovies.it

Una superba Luisa Ranieri (nei panni della coraggiosa Rosaria) e un “velenoso” Salvatore Esposito (nei panni del corrotto avvocato Caradonna, che sta candidandosi a sindaco) sono i pivot attorno a cui ruota l’ottimo cast di quest’ottimo film – corale e plumbeo - di Diego Olivares * del 2017, tratto da una vicenda reale, quella di Arcangelo Pagano, ma purtroppo passato alquanto sotto traccia.

Una tragedia collettiva da “terra dei fuochi” (lo sversamento di rifiuti tossici in campi coltivati del Casertano) s’intreccia ad una privata (il carcinoma gastrico di Cosimo, marito di Rosaria, rimasta incinta del primo figlio), internamente ad un contesto di degrado morale, contrasti di famiglia, pedofilia strisciante e sopraffazioni dei racket criminali nel quale la luce davvero sembra non trovar più spazio.
La pellicola, girata nei reali ambienti cui si allude, assai espressiva nelle parti in dialetto, non nomina mai esplicitamente la “camorra”, ma la presenza del male, coi suoi odori nefandi, si è di fatto già insinuata in tutte le varie quotidianità degli abitanti, e il paesaggio rurale – ingrigito d’immondizie - viene costantemente aggredito da camion che, per 5.000 euro, scaricano nuovi bidoni di liquami contaminanti.
Fra chi delinque, chi vomita sangue sino a morirne, chi non vede e chi si rassegna, non spiccano eroi né malvagi fini a se stessi, ma si officiano riti e business brutali favoriti dall’assenza dello Stato, coordinati da un professionista dell’ecomafia sempre in giacca e cravatta, e occhiali scuri, atteso tuttavia, a propria volta, da un exit (sebbene il film si concluda senza un vero finale) degno delle tragedie greche.
“Veleno” è dunque un piccolo capolavoro, sobrio per non dire disadorno, e toccante, che brucia malinconia e indignazione nelle nostre coscienze, e che andrebbe proposto in tutte le scuole, a quelle nuove generazioni cui il presente sta sottraendo l’avvenire…
* seconda sua prova autoriale
Umberto Curti        BioVoci

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