Architettura e design domani, pura tecnica?
Personalmente mi chiedevo: dalla matita al tecnigrafo sino agli algoritmi, gli architetti e i designer sono “bambini” che via via ridisegnano il mondo in cui abitiamo? Mescolando immaginazione e realtà, archetipi e quotidiano? Forse, vien talora da pensare, una visione del mondo che gli è quasi “congenita” trasforma e vivifica il loro pensiero in progetto. Rielabora il passato in avvenire. E l’architettura e il design in effetti fanno lievitare un’intuizione precisandone per gradi la fabbricazione tecnica, così che dalla carta l’emozione si riesca ad irrobustire nelle forme concrete che reggono al tempo.
Non pochi architetti e designer, da Vitruvio in poi, hanno amato raccontare “se stessi”: Leon Battista Alberti, Loos, Sant’Elia, Le Corbusier, Wright, Gio Ponti, Giulio Faccincani, e molti altri. Ognuno ha ovviamente modi propri, e metodi e strumenti e tempi, e sono ormai innumerevoli i linguaggi interpretativi ed espressivi che connotano la professione da costoro svolta, ma oggi l’irruzione del digitale va scombussolando molti equilibri che s’erano in qualche modo perpetuati. La simulazione, l’immediatezza, l’AI estrometteranno il disegno, la coscienza critica, l’uomo?
Va svolgendosi a Genova "Materia anima del design. 6^ Genova design week", con un ricchissimo programma di eventi, installazioni, mostre, passeggiate, musica, allargatosi anche in nuove aree della città... Un evento che in questi anni s'è ritagliato uno spazio di pregio e stimola profonde riflessioni su alcuni mestieri del fare, sempre à cheval fra creatività, arte, artigianato.
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l'articolo apparso il 22/05 su "Il secolo xix" |
Forse mai come oggi, dunque, l’architettura - non meno il design - deve confermarsi momento etico, non passerella da star system o all’opposto “sostegno” ancillare rispetto alle tecnologie e alle esigenze del momento. Ciò che viene edificato-creato può sopravvivere nel bene e nel male a lungo, implica dunque chiare e vaste responsabilità sociali. L’insostenibile vita in tante città, il cambiamento climatico con le relative calamità, le (incessanti) speculazioni edilizie, l’overtourism, il degrado di quasi tutte le periferie (1), il materiale/l'oggettistica che inquina configurano emergenze cui la – miglior - politica dovrà replicare con la consapevolezza, la buona memoria, l’ecologia autentica: tanto più che beauty stays beauty pays, la biodiversità non è mai antitetica al profitto equo e condiviso (anzi lo genera)…
Cambiamento climatico... "Negli incendi di Los Angeles, nelle inondazioni di Valencia e Sherpur, la siccità in Sicilia, abbiamo assistito in prima persona a come acqua e fuoco ci stiano attaccando con una ferocia senza precedenti. Il 2024 ha segnato un momento critico: la Terra ha registrato le temperature più calde di sempre, spingendo le medie globali ben oltre il limite di +1,5°C fissato dagli Accordi di Parigi del 2016. In soli due anni, il cambiamento climatico ha impresso un'accelerazione che sfida anche i modelli scientifici più validi - commenta Carlo Ratti, curatore della 19ma Biennale di architettura di Venezia 2025, consultabile su www.labiennale.org - Per decenni, l'architettura ha risposto alla crisi climatica con la mitigazione: progettare per ridurre il nostro impatto sul clima. Ma questo approccio non è più sufficiente. È il momento che l'architettura passi dalla mitigazione all'adattamento: ripensare il modo in cui progettiamo in vista di un mondo profondamente cambiato".
Si badi che il 2024 si è posizionato, quantomeno dal 1940, come l’anno più caldo (da dati Copernicus), ma aggregando varie rilevazioni è stato verosimilmente il più caldo sin dal 1850, ed evidenze paleoclimatologiche paiono posizionarlo come anno più caldo degli ultimi 100mila anni... Tale non invidiabile primato non solo è stato monitorato in tutti i continenti eccetto Oceania e Antartide, ma anche nei bacini oceanici. L’Europa, in particolare, si scalda mediamente con tendenze anche più celeri della media globale, e il mare Mediterraneo è purtroppo coinvolto in tali dinamiche negative (le sue acque negli ultimi anni hanno raggiunto i massimi termici assoluti).
Sottolinea su www.usi.ch Walter Angonese, direttore dell'Accademia di architettura dell'Università della Svizzera italiana: "Nella sua storia millenaria l’architettura ha sempre avuto modo e necessità di confrontarsi con il clima e il suo cambiamento: molte delle architetture che conosciamo sono nate proprio da questo confronto. Il vero dramma dell’epoca contemporanea è che il cambiamento climatico procede a un passo talmente veloce e preoccupante, che mal si accorda con il principio di inerzia a cui il costruire è strettamente legato”...
Il nuovo che avanza induce con urgenza già da alcuni anni tali immense riflessioni, in termini di architettura industriale, abitativa, di qualità della vita, di domotica e risparmi energetici, di design, di beni naturali e culturali…
Occorrono filosofie costruttive che basino il proprio modello sull’efficienza degli scambi tra abitazione e ambiente naturale circostante, in un'ottica di limitazione dell'uso di impianti meccanici tradizionali, e quindi di risparmio energetico (zero-energy building, edilizia ad alte prestazioni…). Poiché gli impianti di condizionamento e riscaldamento sono tra i principali responsabili delle emissioni inquinanti, l'architettura cosiddetta bioclimatica potrebbe giocare, se adeguatamente sviluppata e sostenuta, un ruolo importante nella lotta all'inquinamento al contempo assicurando condizioni abitative gradevoli in tutte le stagioni (rinfrescando o riscaldando gli ambienti). Molte città per ovvie ragioni la invocano o dovrebbero invocarla (2). A tali filosofie si lega necessariamente una progettualità davvero sostenibile dall'ambiente in cui s’intenda realizzare un edificio. I presupposti sono quindi quelli di una realizzazione a basso impatto ambientale e ottenuta con materiali di origine naturale, che favoriscano la salute dell'uomo, la gradevolezza dell’abitare, e rispettino hic et nunc, ma complessivamente anche nel tempo, l'ambiente circostante.
Disegnare, progettare, scegliere materiali, costruire, arredare, in tal senso rappresenteranno sempre di più “semenze” con cui agevolare migliori fruizioni dei luoghi e delle abitazioni, migliori trasporti, migliori vicinanze fra le persone, migliori usi del tempo libero, altrimenti l’architettura – evidentemente asservita ad altri interessi, ergo il mercato – avrà fallito, produrrà mostri, si automaledirà. Forse si stenta ancora a comprendere quanto l’architettura possa ergersi a disciplina partecipativa, che contamina conoscenze, in grado di aprire spazi, minimizzare impatti, modellare progresso (che, per dirla con Pasolini, non è sviluppo).
E poiché il futuro poggia anche sul passato, i giovani infine, in gran parte (incolpevoli) automi cui stiamo tramite i social media sottraendo la curiosità, come potranno affacciarsi al meglio alle professioni e progettualità – specie in un Paese come l’Italia che possiede patrimoni, e tradizioni artigiane, straordinari da custodire e divulgare – ormai via via più richieste?
(1) su alcuni temi si veda qui su BioVoci anche la preziosa intervista di Luisa Puppo all’architetto Stefano Fera, presidente di "Italia Nostra" sez. Genova
(2) sul tema città si veda anche la relativa voce sul mio “Sostenibilità e biodiversità. Un Glossario” (gratuitamente richiedibile all’editore a questo link)
Umberto Curti BioVoci
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